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In ricordo di Giorgio Bassani: la memoria come resistenza silenziosa

Corriere della Sera

Il 13 aprile del 2000 ci lasciava Giorgio Bassani, uno dei più intensi e raffinati narratori del Novecento italiano. A venticinque anni dalla sua scomparsa, il suo sguardo delicato ma implacabile sulla Storia continua a parlarci, a insegnarci, a farci riflettere.

Bassani è l’autore de Il giardino dei Finzi-Contini, romanzo simbolo della memoria, della perdita e della distanza tra ciò che siamo e ciò che avremmo potuto essere. Ambientato nella Ferrara della sua giovinezza, attraversata dalle leggi razziali e dalle ombre del fascismo, questo libro ci racconta non solo la tragedia della persecuzione ebraica, ma anche il dramma universale dell’esclusione, dell’illusione e della fragilità delle relazioni umane.

Ma Bassani è molto più di un solo romanzo. Con il ciclo narrativo Il romanzo di Ferrara ha costruito un affresco vivido e doloroso dell’Italia tra gli anni ’30 e il dopoguerra, scavando con una lingua limpida e asciutta nella coscienza individuale e collettiva. Le sue storie parlano di emarginazione, silenzi, vigliaccherie quotidiane, ma anche di dignità, resistenza interiore e bellezza nascosta.

Perché leggerlo ancora oggi?
Perché nei suoi libri troviamo il coraggio della memoria. In un tempo in cui la velocità rischia di farci dimenticare le lezioni del passato, Bassani ci invita a fermarci, ad ascoltare i sussurri delle vite dimenticate, a chiederci chi siamo davvero quando il mondo ci chiama a scegliere da che parte stare.

I suoi personaggi non sono eroi, ma esseri umani pieni di contraddizioni, che spesso scelgono il silenzio, l’attesa, la malinconia. Eppure proprio in quella discrezione, in quell’umanità ferita, c’è la forza del suo messaggio: ricordare è un atto rivoluzionario, un modo per non cedere all’indifferenza.

Bassani era anche un editor coraggioso (fu lui a sostenere Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa), un intellettuale impegnato nella difesa del patrimonio culturale italiano, e un poeta dalla voce sommessa ma profondissima.

Oggi, nel ricordarlo, possiamo fare qualcosa di semplice ma importante: aprire uno dei suoi libri, magari proprio Gli occhiali d’oro o Dietro la porta, e lasciarci guidare da quella sua prosa limpida, che non ha mai cercato effetti speciali, ma solo verità.

Giorgio Bassani ci ha insegnato che ogni vita, anche la più nascosta, merita di essere raccontata. E che la letteratura, come un giardino segreto, può conservare per sempre la bellezza fragile delle cose perdute.

Come raccontava un articolo apparso sul Corriere della Sera il giorno successivo al suo funerale, a Ferrara si radunò una piccola folla, come nei suoi romanzi, attorno alla bara di un uomo che aveva dato voce ai silenzi della sua città.

Due donne — la moglie Valeria e la compagna Portia — sedevano l’una accanto all’altra, simbolo di una vita complessa, eppure coerente nel suo amore per la verità.

Lì, tra i cipressi del cimitero ebraico, Bassani tornava alla sua Ferrara in una scena che sembrava uscita da una delle sue pagine più belle. E come scrisse una volta immaginando la sua stessa morte, fu trasportato “in una grossa berlina metallizzata” a chiudere il cerchio di una storia che non smette di parlarci.

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Flannery O’Connor: Cento Anni di Grazia e Grottesco

Il 25 marzo 1925 nasceva a Savannah, in Georgia, Mary Flannery O’Connor, una delle voci più straordinarie della letteratura americana del Novecento. A cento anni dalla sua nascita, il suo lascito letterario continua ad esercitare un’influenza profonda su scrittori e lettori di tutto il mondo. Con il suo stile inconfondibile, caratterizzato da un realismo grottesco, una profondità spirituale e una sottile ironia, O’Connor ha saputo esplorare le contraddizioni dell’animo umano attraverso racconti e romanzi che ancora oggi lasciano il segno.

Un Destino Segnato dalla Malattia, ma Non dalla Rassegnazione

La vita di Flannery O’Connor è stata breve ma intensa. Segnata dalla precoce perdita del padre a causa del lupus, la stessa malattia che poi l’avrebbe colpita, O’Connor non si lasciò mai sopraffare dalle difficoltà. Dopo aver studiato alla Georgia State College for Women e successivamente all’Iowa Writers’ Workshop, si impose presto come una delle voci più originali della narrativa americana.

Nel 1952, all’età di soli 27 anni, le venne diagnosticato il lupus, una malattia che la costrinse a ritirarsi nella fattoria di famiglia, “Andalusia”, a Milledgeville, in Georgia. Qui, pur tra le limitazioni imposte dalla malattia, continuò a scrivere con una determinazione straordinaria, regalando alla letteratura alcune delle opere più potenti e incisive del secolo scorso​.

Lo Sguardo Inesorabile sul Sud e sulla Grazia Divina

Ambientate nel profondo Sud degli Stati Uniti, le storie di O’Connor raccontano un’America rurale e chiusa, attraversata da tensioni religiose, sociali e razziali. La sua fede cattolica, vissuta in un contesto prevalentemente protestante, fu un elemento centrale della sua scrittura. Nei suoi racconti, spesso dominati da eventi imprevisti e da epifanie violente, il concetto di grazia divina assume una forma concreta e drammatica. I suoi personaggi, spesso bigotti, fanatici o ingenui, si trovano faccia a faccia con verità sconvolgenti che li trasformano irreversibilmente​.

O’Connor era convinta che Dio si manifestasse soprattutto agli ultimi: ai ragazzini storpi, preda del demonio, e a quelli prigionieri del proprio egoismo; ai delinquenti pronti a estrarre la pistola; ai vecchi inurbati dalla campagna, desolati dinanzi alla finestra di fronte; ai rifiutati dal mondo. Il male, la sofferenza e la redenzione sono elementi centrali del suo universo narrativo, costruito con una straordinaria perizia stilistica e un’attenzione meticolosa all’effetto del colpo di scena, spesso decisivo nei suoi racconti.

Il suo stile è caratterizzato da una scrittura essenziale e da una visione cruda della realtà, spesso espressa attraverso figure grottesche e situazioni estreme. Questo approccio le ha permesso di sondare le profondità della condizione umana, mettendo in luce la fragilità, l’ipocrisia e il bisogno di redenzione che contraddistinguono molti dei suoi personaggi​.

Opere Indimenticabili e una Voce Unica

Tra le sue opere più celebri figurano i romanzi La saggezza nel sangue (Wise Blood, 1952) e Il cielo è dei violenti (The Violent Bear It Away, 1960), ma è nelle raccolte di racconti che la sua arte raggiunge il culmine. Un brav’uomo è difficile da trovare (A Good Man is Hard to Find, 1955) e Tutto ciò che sale deve convergere (Everything That Rises Must Converge, 1965) contengono alcune delle storie più incisive della letteratura americana, capaci di turbare e affascinare il lettore con il loro equilibrio tra realismo e trascendenza​.

O’Connor è stata anche un’acuta osservatrice e saggista. Il suo Diario di preghiera (A Prayer Journal, 2013, pubblicato postumo) offre una visione intima della sua spiritualità e del suo tormentato percorso di fede, mentre la sua corrispondenza, raccolta in The Habit of Being, rivela il suo spirito arguto e la sua profonda intelligenza​.

Un’eredità Letteraria senza Tempo

Flannery O’Connor morì il 3 agosto 1964, a soli 39 anni, lasciando un’impronta indelebile nella letteratura mondiale. La sua capacità di intrecciare il tragico e il comico, il divino e il quotidiano, il sacro e il perverso, continua a ispirare nuove generazioni di scrittori e lettori.

Per O’Connor, la scrittura era un dono, ma un dono che comportava una responsabilità enorme: ha infatti qualcosa in sé di gratuito, di immeritato (come la grazia) e deve far pensare al mistero. Il compito dello scrittore è soltanto quello: indagare nel proprio mistero. Lo scrittore non deve sapere cosa troverà in quel mistero. È finito, altrimenti.

A distanza di un secolo dalla sua nascita, la sua opera rimane un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia esplorare le complessità dell’animo umano attraverso la letteratura. In un’epoca in cui il confine tra bene e male si fa sempre più sfumato, la voce di Flannery O’Connor risuona più attuale che mai, ricordandoci che la grazia può manifestarsi nei modi più inaspettati, anche attraverso le crepe dell’imperfezione umana​.

Per celebrarne il centenario, non c’è modo migliore che rileggere La saggezza nel sangue (Wise Blood), il suo romanzo più iconico. Qui, il protagonista Hazel Motes incarna le contraddizioni tipiche dei personaggi di O’Connor: un uomo che tenta di sfuggire alla religione, solo per trovarsi inesorabilmente intrappolato nella sua orbita. Un viaggio nel grottesco e nel tragico, un racconto di fede e disperazione che continua a interrogare i lettori di ogni epoca.

Se non avete mai letto O’Connor, questo è il momento perfetto per farlo. Se già la conoscete, tornate alle sue pagine: vi parleranno ancora, forse in modo nuovo.