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Lo scrittore artigiano News

Paolo Fabbro, il pittore della luce

La giornata del 18 novembre 2023 ha segnato il culmine del percorso editoriale del libro “Paolo Fabbro, il pittore della luce”, un progetto nato un anno fa e giunto alla sua celebrazione con la presentazione presso la Biblioteca di Bollate. L’emozione che ho provato nel vedere la sala gremita di un pubblico attento e partecipe ha rinnovato in me la convinzione che l’arte e la cultura mantengano un posto vitale nell’interesse collettivo, e che sia nostro dovere perpetuare il dialogo su tali tematiche.

La presentazione si è distinta per un momento di eccezionale condivisione culturale, grazie anche alla presenza di Rachele Brognoli, docente di Storia dell’Arte nei Licei, la cui analisi ha brillantemente contestualizzato l’arte di Fabbro nel tessuto storico e artistico, elevando la sua statura nel panorama dell’arte contemporanea.

Nella redazione di questo volume, mi sono proposto di ritrarre non soltanto l’arte, ma anche l’esistenza di Paolo Fabbro. La sua vita si dipana come un’esemplare narrazione di tenacia, resilienza e impegno verso la propria arte, elementi che spero possano vibrare in modo particolare tra le corde dei giovani. Ho adottato nella scrittura quello che io chiamo il metodo “artigianale”, improntato al lavoro meticoloso e appassionato, per dare vita a un’opera che mi appagasse come scrittore e che al tempo stesso onorasse la complessità del suo soggetto.

Vorrei esprimere sincera riconoscenza verso Youcanprint, editore leader nel self-publishing in Italia, che ha sostenuto con fiducia il mio intento di portare al pubblico la storia di Fabbro, dimostrandosi un alleato insostituibile per noi autori.

Il mio desiderio più ardente è che “Paolo Fabbro, il pittore della luce” tocchi il cuore di un’ampia platea, specialmente quella giovane. L’esistenza di Fabbro si erge a testimonianza che ardore e perseveranza sono le chiavi per superare ogni sfida, un inno all’ispirazione per coloro che si trovano ad affrontare scelte di vita rilevanti, e che forse, grazie a questo libro, potranno orientarsi verso decisioni più sagge.

Il cammino per dar vita a “Paolo Fabbro, il pittore della luce” si è rivelato un’appagante avventura di scrittura e di esplorazione artistica. Quest’opera rappresenta il mio tributo ad un pittore eccezionale e vuole lanciare un appello al coraggio e alla determinazione nel perseguire i propri sogni.

Qui di seguito il testo che ho scritto e letto come introduzione all’evento di ieri mattina:

“Signore e signori, buongiorno.

In questa giornata, sotto la luce soffusa di questa sala, un luogo che oggi diventa testimone di storie e di sogni, desidero condividere con voi tre riflessioni, tre tappe di un viaggio che, come ogni viaggio, ha avuto i suoi incroci, le sue pause, le sue accelerazioni.

La prima riflessione riguarda una domanda che molti di voi mi hanno posto, una domanda che si annida nei corridoi della curiosità: come ho fatto a convincere il maestro Paolo Fabbro a intraprendere questo progetto, a lasciarsi raccontare in un libro? La risposta è semplice e complessa allo stesso tempo. Gli ho proposto un accordo, un patto che aveva la bellezza della libertà: avrebbe potuto, in qualsiasi momento, decidere di non proseguire. Se avesse scelto di fermarsi, questo libro non avrebbe mai visto la luce, sarebbe rimasto un sogno, un’idea sospesa nel tempo. Ma il maestro ha scelto di camminare con me in questo percorso, un percorso fatto di parole, di ricordi, di colori.

La seconda riflessione vi porta dentro le pagine di questo libro. Non è solo la vita di Paolo Fabbro che scorre tra queste righe, ma è un viaggio nella storia di Bollate, nella storia dell’Italia. Dagli anni ’50 ad oggi, ogni pagina è un passo in un viaggio attraverso il tempo, un viaggio che ci mostra come la vita personale di un uomo si intrecci con la storia di una comunità, di una città. È un racconto che va oltre la biografia, è un affresco di un’epoca, di cambiamenti, di evoluzioni, di rivoluzioni silenziose che hanno modellato il nostro presente.

E ora, la terza riflessione, forse la più personale, la più intima. Tre anni fa, in una giornata simile a questa, ero in un letto d’ospedale, e stavo lottando contro il covid. Steso su una barella, con il casco dell’ossigeno come unico compagno, guardavo il soffitto bianco, ascoltavo i suoni ovattati del reparto, pensavo alla vita, alla sua fragilità, alla sua forza. Quell’esperienza mi ha cambiato, mi ha insegnato il valore del tempo, la preziosità di ogni istante. E oggi, qui con voi, sento la gioia profonda di essere ancora qui, di poter condividere storie, emozioni, ricordi. Questo libro, che tengo tra le mani, è più di un insieme di pagine: è un simbolo di resilienza, di rinascita, di vita che va avanti nonostante tutto.

Questo libro parla di Paolo Fabbro, sì, ma parla anche di ognuno di noi, delle nostre lotte, delle nostre vittorie, delle nostre sconfitte. È bello perché racconta di una persona speciale, un uomo che ha saputo guardare il mondo con occhi diversi, che ha saputo trasformare la tela bianca della vita in un’opera d’arte. E se oggi posso dire che sono fiero di questo lavoro, non è per la mia scrittura, ma per la storia che essa racconta, per la vita che essa cattura.

In conclusione, vorrei ringraziare ognuno di voi per essere qui oggi. La vostra presenza rende questo momento ancora più speciale, ancora più significativo. Grazie per aver scelto di condividere con me, con noi, questo pezzo di viaggio. Buona lettura e buon viaggio nelle pagine di questa storia, nella storia di Paolo Fabbro, nella storia di tutti noi.

Grazie.”

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Incontro con i ragazzi del Fedi Fermi di Pistoia

Bruno, Giorgio, Francesco, Marco, Niccolò, Manuel, Alessandro, Gianluca, Pietro, Tommaso, Enea più due Matteo e due Lorenzo: sono i ragazzi della seconda classe sezione MB dell’Istituto Tecnico Tecnologico Statale Silvano Fedi Enrico Fermi di Pistoia che sabato 7 Ottobre mi hanno rivolto domande (loro in classe, io davanti al mio MAC nello studio) dopo che la loro insegnante di Lettere, Nada Macerola, durante l’estate aveva fatto leggere alla classe il mio romanzo storico “L’indagine che cambiò la vita di Marco Claudio Acuto, cittadino dell’Impero Romano”. 

Sono stati novanta minuti intensi che mi hanno lasciato soddisfatto da diversi punti di vista. 

Come autore, credo che non ci sia cosa più bella che incontrare un gruppo di persone che, dopo aver letto il tuo libro, ti pongono domande, chiedono di dissipare dubbi e curiosità o conoscere i segreti della tua scrittura.

Se poi questo gruppo di persone è rappresentato da quindicenni, il cui (quasi unico) pensiero, dopo la scuola, è rivolto al calcio e al loro smartphone, beh, devo dire che vederli in classe attenti e in silenzio ad ascoltarmi, interessati alle mie risposte, mi ha molto colpito.

Come mi hanno stupito le loro domande, mai banali e anzi rivelatrici di un interesse vero e profondo al significato che ho voluto trasmettere, attraverso le parole, nel libro. Alcune le riporto qui di seguito.

  • Nel racconto si parla molto di Gesù. Lei crede che sia veramente esistito e tutto quello che ci è pervenuto sulla Sua storia sia vero?
  • Com’è nata la sua passione per la scrittura?
  • Scrivere un libro, significa entrare nel mondo della scrittura. Quali difficoltà ha incontrato nello scrivere questa storia?
  • Come e dove trova l’ispirazione per scrivere?

Quando ho deciso di scrivere la storia di Marco Claudio Acuto, se mi avessero chiesto per chi la stavo scrivendo, oltre che per me stesso, avrei risposto per ragazzi come questi.

L’incontro con quella classe ha confermato che la mia intuizione di scrivere una storia ambientata ai tempi di Gesù in Palestina, poteva essere l’occasione per approfondire alcune tematiche riguardanti il senso della vita, il significato del perché siamo al mondo e quale destino ci attende. Domande alle quali, tutti noi, siamo stati chiamati e lo siamo tuttora, a dare una risposta, specialmente dopo quanto sta accadendo proprio in queste ore, sotto i nostri occhi, in quel lembo di terra così piccolo ma così importante per la storia dell’umanità.

Un ringraziamento speciale va alla professoressa Nada Macerola che, oltre ad aver dato fiducia al mio romanzo, forse perché scrittrice lei stessa, ha pensato di coinvolgere la sua classe, proponendone la lettura estiva e la ripresa e discussione al rientro a scuola a settembre. L’incontro con l’autore un sabato mattina di ottobre ha chiuso il cerchio.

Nell’interazione con questi giovani lettori, ho meglio compreso la verità delle parole di Gabriel García Márquez: “Quello che conta in un libro sono le cose che si leggono tra le righe.” Ogni domanda, ogni riflessione da parte degli studenti, mi ha rivelato le profondità nascoste nel mio testo, dimostrando che la vera magia di una storia risiede non solo in ciò che è scritto, ma anche in ciò che risuona nell’anima del lettore.

E ricevere questo riscontro, per uno scrittore, è forse la soddisfazione più bella.

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Il Meeting di Rimini: non solo un evento, ma un’esperienza di vita

A prima vista, il Meeting di Rimini potrebbe sembrare soltanto un altro appuntamento nel fitto calendario di manifestazioni che accompagnano l’estate degli italiani, ma osservando attentamente, si capisce che è un microcosmo di universi in divenire, dove quattro pilastri sostengono una struttura imponente, fatta di umanità e di cultura, di desiderio e di amicizia.

Il primo pilastro è forgiato dall’entusiasmo e dal sacrificio dei volontari. Oltre 3.000 quest’anno, più della metà al di sotto dei trent’anni: senza di loro, il Meeting sarebbe come un libro senza parole, una tela senza colore, semplicemente non esisterebbe.

Il secondo pilastro è l’attrattiva generata dell’evento. Da oltre quarant’anni, il Meeting è un luogo, forse unico al mondo, dove si possono incontrare e ascoltare personalità del pensiero, della politica, delle religioni, della scienza e dell’arte. Un piccolo Pantheon vivente in riva all’Adriatico. 

Ricordo solo alcuni dei personaggi che ho avuto l’onore e il piacere di incontrare al Meeting: Izzeldin Abuelaish presente all’edizione del  2012. Conosciuto come “the Gaza Doctor” è un medico palestinese che ha dedicato la sua vita alla pace nel conflitto tra Israele e Palestina. Nato e cresciuto nel campo profughi di Jabalia nella Striscia di Gaza, il dott. Abuelaish ha superato molte difficoltà personali, incluse la povertà e la violenza, fino a diventare uno dei più convinti, amati e importanti ricercatori, educatori e relatori pubblici sulla pace e lo sviluppo nel Medio Oriente. La sua dottrina personale è che l’odio non è una risposta alla guerra. Piuttosto, aperte le comunicazioni, comprensione e compassione sono gli strumenti per costruire un ponte tra gli interessi Israeliani e Palestinesi. Bill Congdon, straordinario pittore statunitense, intervenuto al Meeting nel 1992.  Lo scienziato del linguaggio Noam Chomsky  ospite nel 2015. Staffan de Mistura che ha partecipato a sette edizioni del Meeting. Il Vescovo Javier Rodriguez Echevarrìa al Meeting nel 2014. Sempre al Meeting ho conosciuto il filosofo Fabrice Hadjadj che vanta sette presenze e che incanta con le sue riflessioni la platea che ha di fronte. E come non ricordare il grandissimo educatore Franco Nembrini presente a quindici edizioni del Meeting, l’astronauta Paolo Nespoli intervenuto a due Meeting, il fotografo Chris Niedenthal che nel 2010 ci ha mostrato le foto scattate a Danzica nel 1980. Indelebili i ricordi sia della testimonianza di suor Rosemary Nyirumbe nel 2017 sia le cinque partecipazioni di Mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme. Lo scrittore Chaim Potok partecipò all’edizione del 1999 intervistato da Luca Doninelli mentre Eric – Emmanuel SchMitt a quella del 2022. Termino questo brevissimo elenco di personaggi che mi sono rimasti impressi, tra le migliaia di ospiti che ha avuto sin qui il Meeting, ricordando due persone eccezionali: il giornalista irlandese John Waters e la scrittrice argentina Veronica Cantero Burroni la cui commovente testimonianza rimarrà per sempre impressa nella mia mente.

Il terzo pilastro, la libertà, è intimamente legato al secondo, l’attrattiva. È proprio questa libertà che dona vitalità e universalità al Meeting, trasformandolo in un palcoscenico aperto dove idee di ogni sorta possono incontrarsi, dialogare e farsi conoscere al vasto pubblico. Al Meeting, l’aria è impregnata di una sorta di libertà raramente avvertibile nei luoghi della nostra vita di tutti i giorni.

In conclusione, il quarto pilastro agisce come sintesi dei primi tre, e trova la sua essenza nella gratuità. Quest’ultima incarna il valore più autentico dell’intera manifestazione: l’arte di donare senza attendersi nulla in ritorno. Gli organizzatori del Meeting, i volontari, i partecipanti tutti frequentano il Meeting per l’Amicizia tra i Popoli mossi dal desiderio di compimento della propria vita che, durante la preparazione del Meeting e durante il suo svolgimento, vedono realizzarsi.

In un contesto culturale profondamente mutato dal suo inizio, il Meeting di Rimini non ha perso il suo richiamo universale. Ogni anno, attira una folla eterogenea composta da giovani, famiglie, donne e uomini che decidono di trascorrere parte delle loro ferie o del loro tempo libero in questo contesto vivace. Tra mostre d’arte, dibattiti intellettuali, banchetti gastronomici, angoli dedicati ai libri e agli autori, e spazi in cui i più giovani possono sfidarsi in giochi di calcio e basket, il Meeting offre una varietà d’esperienze. Nel Villaggio Ragazzi, infine, i più piccoli scoprono il piacere dell’apprendimento creativo, dall’arte alla scrittura, in compagnia di adulti appassionati.

Mi rendo conto quanto possa essere complesso descrivere l’essenza del Meeting a chi non ha mai avuto l’opportunità di parteciparvi, neppure per qualche ora. Tuttavia, permettetemi di offrirvi un breve riassunto delle esperienze che mi hanno particolarmente impressionato nell’ultima edizione. Una conferenza entusiasmante intitolata “Il potere degli algoritmi – L’uomo e la sfida dell’intelligenza artificiale” ha visto come protagonisti Paolo Benanti e Nello Cristianini. Contrariamente all’apparenza, l’argomento della seconda conferenza che desidero menzionare, “L’appiattimento del mondo e la domanda di verità” con Adrien Candiard e Olivier Roy, era collegato in modo sottile alla prima. La terza discussione interessante ha avuto luogo tra Giuseppe Pezzini e Don Paolo Prosperi, che hanno esplorato “La missione di Frodo: individuo e compagnia nel Signore degli Anelli“, a cinquant’anni dalla scomparsa di Tolkien. Inoltre, non posso omettere l’emozionante momento durante l’incontro “Aldo Moro, I giovani e noi: un’amicizia viva“, con partecipanti come Saverio Allevato, Agostino Giovagnoli, Angelo Picariello, Salvatore Taormina e Agnese Moro. La figlia del defunto statista ha toccato il cuore dell’auditorio con le sue memorie sull’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza vissute con suo padre, ucciso quando lei aveva solo venticinque anni.

Oltre ai dibattiti, ho avuto modo di visitare diverse mostre interessanti. Tra queste, vorrei sottolineare “Azer, l’Impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria” e “Il Medico del Popolo. Vita e opera di José Gregorio Hernandez“. La prima offre una visione di speranza per la tormentata regione del Medio Oriente, mentre la seconda mi ha fatto scoprire la vita di un medico ora beatificato, che mi era completamente sconosciuto. Le mostre curate dal Meeting hanno quasi sempre questa caratteristica: suscitare curiosità, stimolare l’immaginazione, aprire il cuore verso nuovi orizzonti, rinsaldare la fiducia nell’opera di un Altro che ti sostiene e ti accompagna nelle fatiche quotidiane.

Per chi non ha mai frequentato il Meeting, parlarne è quasi come descrivere un colore a un non vedente. Questo evento è un’esperienza più che un semplice luogo di incontro. È una celebrazione dell’umano, un viaggio attraverso quel desiderio inesauribile di bellezza, serenità e pace che, credo, alberghi in ognuno di noi. E a volte, tutto ciò che ci serve è una giornata a Rimini per capirlo.

Così, quando il sipario si chiude e la luce si attenua, il Meeting di Rimini non finisce, ma continua a vivere nei cuori di coloro che l’hanno vissuto, come un’eco lunga e profonda. E se non ci siete mai stati, magari l’anno prossimo potrebbe essere la vostra occasione.

La 45° edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli si terrà dal 20 al 25 agosto 2024 nella Fiera di Rimini con il titolo, tratto dal romanzo “Il passeggero” del romanziere statunitense Cormac McCarthy, recentemente scomparso: “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?”

Una domanda per tutti.

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Lo scrittore artigiano

SALTO 2023

Si è conclusa da pochi giorni la 35° edizione del Salone del Libro di Torino, e per la prima volta ho avuto l’onore di essere ospitato come autore nell’Area Self del Salone, dove circa 170 scrittori hanno potuto presentare ai lettori le proprie opere.

Personalmente ho partecipato all’iniziativa con il mio ultimo romanzo: “L’ indagine che cambiò la vita di Marco Claudio Acuto, cittadino dell’Impero Romano” e sono stato molto soddisfatto dell’esperienza fatta.

Ho vissuto giornate molto intense, ricche di scambi di opinioni con i colleghi presenti allo stand e di chiacchierate con i lettori, alcuni dei quali hanno anche acquistato il libro. Ma al di là del buon risultato (ho venduto il 44% delle copie portate a Torino) quello che ho apprezzato maggiormente è stata la possibilità di incontrare i lettori e confrontarmi con loro, esperienze che solo partecipando ad una manifestazione come quella di Torino si possono fare.

Oltre alla presenza presso lo stand ho avuto modo di seguire alcuni degli incontri proposti nelle cinque giornate della manifestazione. Uno di questi, organizzato dall’AIE ha reso pubblici i dati sullo stato dell’editoria nel 2022. L’editoria europea vale 35 miliardi di euro: il 59% del mercato globale. Sei dei dieci principali gruppi editoriali mondiali sono europei.

L’editoria italiana è la sesta al mondo e la quarta in Europa e vale 3,4 miliardi di euro contro i 3,2 miliardi del Regno Unito e i 3,1 miliardi della Francia.

Il settore del libro è la prima industria culturale italiana. A seguire gli abbonamenti alle Pay TV, il settore dei Videogiochi e quindi la TV in chiaro (canone). Sul fondo della classifica la spesa per teatro e concerti e la partecipazione a mostre ed esposizioni.

Per quanto riguarda il focus sul mercato del libro di “varia” in Italia nel 2022 si è registrato un calo rispetto al 2021, ma rispetto al 2019 il mercato è ancora in crescita. In Italia, nel 2022 il totale del fatturato della “varia” dei libri a stampa è stato di 1,67 miliardi di euro cui si deve aggiungere il valore degli ebook (79 milioni di euro) e il mercato degli audiolibri (25 milioni di euro). Il prezzo di copertina del venduto è identico a quello del 2021, ma in lieve calo rispetto al 2019. Quello medio è pari a 14,84 euro.

Il numero dei libri pubblicati, pur inferiore a quello dello scorso anno, supera quello del 2019. Nel 2022 le novità pubblicate sono state 76.575 cioè 209,8 libri nuovi ogni giorno dell’anno. Non male… Diminuisce, invece, il numero dei nuovi e-book pubblicati che nel 2022 sono stati 35.200, meno della metà dei libri cartacei.

Per quanto riguarda i canali, le vendite di libri nelle librerie fisiche sono passate dal 64% del totale del 2019 al 53% del 2022 mentre le librerie online sono cresciute dal 29,6% del 2019 al 42,2% del 2022. Ha perso punti la GDO che passa dal 6,4 al 4,6% del totale. Per quanto riguarda i generi, nel 2022 sono cresciuti i fumetti (+8,6%) e la narrativa (+7% la straniera, + 4,9% l’italiana). In calo libri per bambini e la saggistica. Un’ultima considerazione per quanto riguarda i generi: più “catalogo” e meno “bestseller”. I Top 100 del 2022 pesano meno del 10% delle vendite il che significa che c’è voglia di ritornare a leggere i classici rispetto alle novità. E questo è un segnale che andrebbe colto soprattutto dai giovani editori che dovrebbero riflettere sul dato. E qui mi aggancio all’ultimo tema che volevo trattare in questo post.

Gironzolando per gli stand del Salone mi sono imbattuto nello spazio dedicato alle case editrici di recente costituzione.

Ho scambiato quattro chiacchiere con alcuni degli esponenti presenti negli stand e devo dire che sono stato colpito dalla passione, dalla determinazione, dal coraggio con cui questi giovani editori si sono messi in gioco rischiando oggi il proprio futuro professionale nella creazione di un’impresa editoriale. A loro va tutto il mio plauso e il sostegno che nel mio piccolo posso dare a queste lodevoli iniziative imprenditoriali è ricordarle in questo articolo, descrivendone brevemente il profilo che le caratterizza.

L’area nuovi editori.

Edizioni Scripta Volant (Como): giovane casa editrice indipendente, nasce in piena pandemia su un ramo del lago di Como, dopo essersi vaccinata. Presta particolare attenzione all’umorismo, sia teorico che pratico, ai linguaggi, alla sperimentazione e alle nuove forme di comunicazione (esclusi tatuaggi e segnali stradali).

Linea Edizioni (Padova): Linea edizioni è una casa editrice indipendente che nasce nel 2015 con lo scopo di promuovere e valorizzare le pubblicazioni, per ragazzi e adulti, in lingua italiana e straniera, che possano stimolare la riflessione e il confronto.

Isenzatregua (Riva Del Garda): Isenzatregua edizioni è una piccola casa editrice indipendente nata per dare risalto a tutti i giovani talenti che difficilmente troverebbero spazio nell’agenda della maggior parte degli editori tradizionali, crede nella forza innovativa di giovani autori locali e nazionali propone nuove idee per nuovi lettori e, soprattutto, vuole lanciare un messaggio positivo alle nuove generazioni.

Another coffee Stories (Milano): una nuova idea di lettura sinestetica. La Casa Editrice Another Coffee Stories nasce il 4 Dicembre 2020, come laboratorio di idee per un’editoria nuova e per dare voce a proposte innovative e stimolanti. Un progetto rivoluzionario che, dal concetto di sinestesia (dal greco Syn, “insieme”, e Aisthànestai, “percepire”, che nel complesso significa “percepire, sentire insieme”), si pone come obiettivo il coinvolgimento del lettore facendogli assaporare ciò che sta leggendo. Infatti, la parola sinestesia serve proprio a indicare un’esperienza di percezione simultanea. Ad ogni libro è abbinata una tipologia di caffè di una torrefazione storica milanese per gustarsi al meglio la lettura.

Le plurali editrice (Morlupo – Roma): Le plurali è una casa editrice femminista, indipendente, inclusiva, curiosa. Le plurali pubblica libri di saggistica e narrativa, esclusivamente d’autrici. Ha occhio per manoscritti inediti, traduce e rimette in circolo libri che non puoi trovare in Italia, ti offre guide per orientarti tra le galassie femministe. Il simbolo che adotta è la macchia: uniche e originali, a volte le macchie nascono per caso per poi fare rete con altre macchie e diventare segni, sillabe, parole e storie di cui non puoi fare a meno.

Diadema Edizioni (Gualdo Tadino): nasce nella primavera del 2021 dopo molti mesi di preparazione, dovuti anche al rallentamento di tutte le attività a causa della pandemia e scaturisce dalla lunga e consolidata esperienza di due persone in particolare, nel settore della vendita dei libri, della loro promozione al pubblico, così come nella scrittura e pubblicazione degli stessi. Diadema Edizioni si prefigge lo scopo di andare incontro ad una richiesta di editing letterario e ricerca di una pubblicazione editoriale che in questi ultimi anni è notevolmente cresciuta nel contesto di un territorio come il nostro, molto lontano da tutti i principali centri di attività in tale campo.

Van Editrice (Trieste) : fondata da nove donne e un uomo a luglio 2021, la casa editrice VITA ACTIVA NUOVA (VAN) si ispira alle parole di Hannah Arendt sulle potenzialità dell’essere umano da cui «ci si può attendere l’inatteso», infatti «è in grado di compiere ciò che è altamente improbabile». L’intento editoriale è consapevolmente di nicchia, da non intendere come spazio marginale o di isolamento locale, ma come collocazione che parte da un preciso luogo territoriale, Trieste, città letteraria e multiculturale, e si allarga al piano nazionale e internazionale. Una operazione culturale con finalità di orientamento e diffusione di una cultura critica, aperta, libera, inclusiva e socialmente utile in quanto fondativa di valori comuni, ovvero ‘messi in comune’.

Cencellada edizioni: (Roma): La cencellada è il fenomeno meteorologico che si produce quando la temperatura sotto zero si mescola con le minuscole goccioline fluttuanti della nebbia, facendole cristallizzare sulle superfici solide. L’ampia varietà di oggetti ricoperti da aghi di ghiaccio bianco crea scenari così magici, da sembrare appena usciti da una cartolina. Cencellada è nata per pubblicare le opere imprescindibili dei grandi autori di sempre, ma anche per dare voce a classici che non lo sono ancora ma, con il tempo, occuperanno un posto di rilievo negli scaffali delle biblioteche.

Dragonfly Edizioni: nata nel 2020, la Dragonfly Edizioni si è ritrovata a fare i primi passi durante la pandemia. Con un team giovane e dinamico, tenta di farsi spazio nel mondo editoriale .Offre ai suoi autori una guida che dia loro gli strumenti e le opportunità per farsi notare. La Casa Editrice è nata con il presupposto che tutti gli autori sono importanti allo stesso modo e non degli oggetti da utilizzare e su cui speculare senza ritegno. Lo scopo di questa è quella di far si che i loro autori crescano soprattutto in visibilità, di conseguenza, il lavoro di promozione continua e spazia tra varie collaborazione, tra cui blogger, tiktoker, radio fisiche e web, associazioni culturali. L’unica realtà editoriale onnipresente per i propri autori: una Famiglia nella famiglia.

Oso Melero Edizioni: (Padova): Oso Melero Edizioni è una casa editrice indipendente creata nel 2020 tra le speranze e le utopie di alcuni amici migranti venezuelani che hanno osato rendere possibile un sogno editoriale. È stata concepita con lo scopo che le opere letterarie latinoamericane e caraibiche raggiungano bambine, bambini e adolescenti sia in italiano che in spagnolo. L’ oso melero (Tamandua tetradactyla) è un animale dolce e coraggioso, un camminatore ambulante che si nutre di formiche e miele, da cui l’aggettivo “melero” o “mielero”. Vive nelle giungle e nelle foreste del Sud America, quel verde immenso lo accompagna e le sussurra le storie che porta da raccontare. Il suo nome evoca una danza tradizionale indigena che veniva ballata durante l’infanzia, con la quale venivano adorati gli antenati. L’ oso melero invita a cercare l’incanto, a scoprire suoni, profumi, parole e immagini che, una volta entrati nel cuore, saranno compagnia per tutta la vita. I libri “meleri” sono un oggetto ludico, un giocattolo, uno strumento per sognare e manifestare, che contribuisce allo sviluppo della consapevolezza del mondo circostante. Per questo gli autori e le autrici si fanno portavoci di una molteplicità di realtà, di un’infinità di mondi possibili che compongono questo gioco dove bambine e bambini sono ospiti d’onore.

De Nigris Editori: (Napoli): De Nigris Editore nasce nel 2021, insieme all’idea di Infuga Edizioni. La prima “prova” è una startup che smuovesse un po’ le acque dell’editoria italiana, stagnante in un circolo vizioso fatto di prodotti qualitativamente infimi ed ego giganteschi, unico vero obiettivo di tanti “autori”. Il focus è stato subito quello dell’“editoria democratica”, guadagnando ben presto l’attenzione di molti, specialmente di coloro che cercavano un’alternativa seria a EAP ed editoria “classica”. L’obiettivo preposto era quello di insegnare all’autore ad essere un personaggio e trattare la sua opera con cura, anche durante e dopo la sua uscita digitale o in libreria.

Concludo questo lungo post ringraziando il direttore del Salone uscente Nicola Lagioia per l’impegno profuso in questi ultimi sette anni e augurando alla nuova direttrice Annalena Benini di continuare a credere nel potere salvifico del libro e di contribuire a far crescere nei giovani l’interesse e la curiosità per la lettura.

Perché, come recita un proverbio arabo: “Un libro è come un giardino che si può portare in tasca” cioè una cosa bella che rimane sempre con te e ti fa compagnia. 

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La Governance dell’Intelligenza Superiore

Chi mi conosce sa che da alcuni mesi mi sono appassionato al tema dell’intelligenza artificiale. È un argomento di grande attualità e oggi voglio affrontare anch’io la questione partendo da un articolo scritto dai fondatori di Open AI Sam Altman, Greg Brockman e Ilya Sutskever pubblicato il 22 maggio 2023 sul sito della società.

Cliccando questo link potete leggere l’articolo pubblicato in lingua inglese, mentre se proseguite la lettura del post troverete la traduzione in italiano. Al termine dell’articolo le mie riflessioni in merito.

Governance dell’intelligenza superiore

“È ora il momento opportuno per cominciare a pensare alla governance dell’intelligenza superiore, ossia dei futuri sistemi di intelligenza artificiale (IA) che saranno nettamente più capaci anche rispetto all’IA generale (AGI).

Sicurezza e allineamento.

Dall’attuale quadro che osserviamo, è concepibile che entro i prossimi dieci anni i sistemi di intelligenza artificiale supereranno il livello di competenza degli esperti in molti ambiti e svolgeranno un’attività produttiva paragonabile a quella delle più grandi aziende attuali.

In termini di vantaggi e svantaggi potenziali, l’intelligenza superiore sarà più potente rispetto ad altre tecnologie con cui l’umanità ha dovuto confrontarsi in passato. Possiamo avere un futuro decisamente più prospero, ma dobbiamo gestire il rischio per arrivarci. Dato il rischio esistenziale possibile, non possiamo limitarci a reagire. L’energia nucleare è un esempio storico comunemente usato di una tecnologia con questa proprietà; un altro esempio è la biologia sintetica.

Dobbiamo mitigare i rischi dell’attuale tecnologia dell’IA, ma l’intelligenza superiore richiederà un trattamento e una coordinazione speciali.

Un punto di partenza.

Ci sono molte idee che sono importanti affinché abbiamo una buona possibilità di navigare con successo in questa evoluzione; qui presentiamo le nostre prime riflessioni su tre di esse.

Innanzitutto, abbiamo bisogno di un certo grado di coordinazione tra gli sforzi di sviluppo più avanzati per garantire che lo sviluppo dell’intelligenza superiore avvenga in modo tale da garantire la sicurezza e agevolare l’integrazione di questi sistemi nella società. Ci sono molte modalità con cui ciò potrebbe essere implementato; i principali governi del mondo potrebbero creare un progetto a cui molti sforzi attuali si uniscano, oppure potremmo concordare collettivamente (con il supporto di un’organizzazione nuova come quella suggerita di seguito) che il tasso di crescita delle capacità dell’IA al confine sia limitato a un certo tasso annuo.

E, naturalmente, le singole aziende dovrebbero essere tenute a un livello estremamente elevato di responsabilità.

In secondo luogo, probabilmente alla fine avremo bisogno di qualcosa simile all’IAEA per gli sforzi relativi all’intelligenza superiore; ogni sforzo che superi una certa soglia di capacità (o risorse come la potenza di calcolo) dovrà essere sottoposto all’autorità di un organismo internazionale in grado di ispezionare i sistemi, richiedere audit, verificare la conformità agli standard di sicurezza, imporre restrizioni sui gradi di implementazione e i livelli di sicurezza, ecc.

Il monitoraggio dell’utilizzo della potenza di calcolo e dell’energia potrebbe essere un valido strumento e darci la speranza che questa idea possa effettivamente essere attuabile. Come primo passo, le aziende potrebbero accordarsi volontariamente per iniziare a implementare elementi di ciò che potrebbe un giorno essere richiesto da un tale organismo, e come secondo passo, singoli paesi potrebbero attuarlo. Sarebbe importante che un tale organismo si concentri sulla riduzione del rischio esistenziale e non su questioni che dovrebbero essere lasciate ai singoli paesi, come ad esempio definire ciò che un’intelligenza artificiale dovrebbe essere autorizzata a dire.

In terzo luogo, abbiamo bisogno della capacità tecnica di rendere sicura un’intelligenza superiore. Questa è una questione di ricerca aperta su cui noi e altri stiamo dedicando molto impegno.

Ciò che non è incluso nel campo d’azione.

Riteniamo importante consentire alle aziende e ai progetti open source di sviluppare modelli al di sotto di una soglia significativa di capacità senza la regolamentazione che descriviamo qui (inclusi meccanismi onerosi come licenze o audit).

I sistemi attuali creeranno un valore enorme nel mondo e, sebbene comportino dei rischi, il livello di tali rischi sembra proporzionato ad altre tecnologie Internet e le possibili approcci della società sembrano appropriati.

Al contrario, i sistemi di cui ci preoccupiamo avranno un potere oltre ogni altra tecnologia finora creata, e dovremmo fare attenzione a non diluire la loro importanza applicando gli stessi standard a tecnologie molto al di sotto di questa soglia.

Coinvolgimento pubblico e potenziale.

Tuttavia, la governance dei sistemi più potenti, così come le decisioni riguardanti la loro implementazione, devono essere sottoposte a un forte controllo pubblico. Crediamo che le persone di tutto il mondo dovrebbero decidere democraticamente i limiti e i parametri predefiniti per i sistemi di intelligenza artificiale. Non sappiamo ancora come progettare un meccanismo del genere, ma abbiamo intenzione di sperimentarne lo sviluppo. Continuiamo a pensare che, all’interno di questi ampi limiti, gli utenti individuali dovrebbero avere un grande controllo su come si comporta l’IA che utilizzano.

Date le sfide e le difficoltà, vale la pena considerare perché stiamo costruendo questa tecnologia in primo luogo.

Presso OpenAI, abbiamo due ragioni fondamentali. Primo, crediamo che porterà a un mondo molto migliore di quello che possiamo immaginare oggi (stiamo già vedendo esempi iniziali in settori come l’istruzione, il lavoro creativo e la produttività personale). Il mondo affronta molti problemi che avremo bisogno di aiuto maggiore per risolvere; questa tecnologia può migliorare le nostre società, e la capacità creativa di tutti nel utilizzare questi nuovi strumenti ci stupirà sicuramente. La crescita economica e l’aumento della qualità della vita saranno sorprendenti.

Secondo, riteniamo che sarebbe rischioso e difficile intuitivamente fermare la creazione di un’intelligenza superiore. Poiché i vantaggi sono così enormi, il costo per costruirla diminuisce ogni anno, il numero di attori che la costruiscono sta aumentando rapidamente ed è intrinsecamente parte del percorso tecnologico che stiamo seguendo, fermarla richiederebbe qualcosa come un regime di sorveglianza globale e persino questo non è garantito che funzioni. Quindi dobbiamo farlo nel modo giusto.”

Bene, se avete letto l’articolo in italiano, vi debbo subito dire che la traduzione è stata fatta da Chat GPT 3.5 in una manciata di secondi (con manciata intendo meno di 10 secondi).

Ho mantenuto volutamente la traduzione in italiano proposta da Chat GPT ben consapevole che in alcuni punti ci sono piccole sbavature, correggibili con un minimo sforzo, ma ho voluto lasciarle per farvi capire il livello già raggiunto da questo strumento. Sappiate che Chat GPT 4.0 sarà 20 volte superiore in termini di capacità generative per risolvere i quesiti che gli verranno proposti.

Che ve ne sembra?

Il mio pensiero attuale è che siamo di fronte ad una rivoluzione superiore a quelle che l’umanità ha vissuto in passato. Ci sono stati momenti nella storia in cui scoperte o invenzioni hanno fatto fare un balzo in avanti alle capacità tecniche dell’uomo che a loro volta hanno portato benefici in diversi ambiti: economico, sociale, sanitario, culturale. Penso all’invenzione dei caratteri di stampa, all’invenzione della pila, del motore a scoppio, della macchina fotografica, della dinamite, della bomba atomica, della plastica.

Tutte invenzioni che hanno cambiato e inciso profondamente sul nostro modo di vivere. Ma questa cosa qui, questa rivoluzione prodotta dall’intelligenza artificiale è diversa, perché va a toccare un elemento che è tipico dell’essere umano e lo contraddistingue in quanto essere vivente: l’intelligenza.

Ho chiesto a Chat GPT: Che definizione daresti all’intelligenza umana?

Questa è stata la risposta: “L’intelligenza umana può essere definita come la capacità di comprendere, apprendere, ragionare, adattarsi, risolvere problemi e applicare conoscenze in modo flessibile e creativo. È un insieme complesso di abilità cognitive, emotive e sociali che consente agli esseri umani di acquisire e utilizzare conoscenze, prendere decisioni, comunicare efficacemente, interagire con l’ambiente e perseguire obiettivi personali e collettivi. L’intelligenza umana si manifesta in una vasta gamma di attività, comprese le capacità linguistiche, il pensiero astratto, la memoria, la capacità di problem solving, l’apprendimento continuo, l’empatia e la consapevolezza di sé. È una caratteristica distintiva degli esseri umani che li differenzia da altre forme di intelligenza presenti nel regno animale.”

Quando dice “applicare conoscenze in modo flessibile e creativo” Chat GPT sta parlando di sé, perché queste cose già le può fare.

Allora, per terminare questa riflessione, la domanda provocatoria da porsi per me è questa: se l’essere creativo è proprio di un Essere Superiore, solo Dio è il Creativo per definizione e l’uomo lo è in quanto Sua immagine, che posto occuperanno le Intelligenze Artificiali di domani: il nostro o quello di un Essere Superiore?

Disegni creati da DallE2, Intelligenza Artificiale generatrice di immagini.
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Lo scrittore artigiano

Serve un blog personale a uno scrittore?

Da tempo partecipo a gruppi di scrittori emergenti su Facebook, nei quali, tra l’altro, si è soliti confrontarsi sull’utilità di un blog personale per chi si dedica alla scrittura. Ho deciso, dunque, di raccontare la mia esperienza con il mio sito web, lorenzorobertoquaglia.it, realizzato attraverso ARUBA e il software WordPress.

In questa breve riflessione, non mi soffermerò sull’aspetto tecnico del servizio o del programma, ma mi concentrerò sull’analisi del traffico di visitatori sul blog, per comprendere se il tempo e le risorse investite possano essere giustificate.

Negli ultimi dodici mesi ho notato con una certa soddisfazione che il numero di visitatori ha superato le mie aspettative iniziali, nonostante una presenza al momento assolutamente marginale nel panorama letterario italiano e la non regolare pubblicazione di articoli e post.

Ciò che mi ha colpito maggiormente, però, è stata la provenienza geografica dei visitatori: persone da diverse parti del mondo hanno avuto modo di leggere i miei scritti. Un risultato che mi ha gratificato e sorpreso al tempo stesso.

In sintesi quindi posso affermare che la gestione di un blog personale può rivelarsi un’esperienza interessante e produttiva, soprattutto per chi si avvicina al mondo della scrittura. Vi invito, pertanto, a visionare i grafici che ho preparato per un’analisi più dettagliata sull’argomento.

Questo grafico evidenzia il flusso totale di visitatori dal primo aprile 2022 al 31 marzo 2023.

Questo secondo grafico mostra il “traffico” generato dal blog prendendo in esame il numero di pagine viste dai visitatori del sito.

La cartina evidenzia i primi dieci Paesi di origine dei visitatori del mio blog. Considerate che l’elenco completo prevede altri 53 Paesi.

E per finire la situazione europea.

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Lo scrittore artigiano

Voci di dentro

Autore: E tu chi sei?

Pasubio: Oh, chi si rivede…

Autore: Chi sei?

Pasubio: Come, non riconosci la tua creatura?

Autore: Commissario Pasubio?

Pasubio: Per servirti! È tanto che non vieni a trovarmi…

Autore: Sono stato molto impegnato, lo sai.

Pasubio: Veramente no. Se non me lo dici, come faccio a saperlo?

Autore: Ma se sei una parte di me…

Pasubio: Non è vero: io non sono una parte di te, sono stato creato da te, ma ho una mia vita autonoma. Non dimenticarlo.

Autore: Non mi sembra che tu possa definirti un essere libero da vincoli, comunque lasciamo perdere, non è il caso di discutere di cose di scarsa importanza, con tutti i problemi che dobbiamo affrontare di questi tempi…

Pasubio: Su questo hai ragione.

Autore: Meno male che mi dai ragione… concessa poi da un personaggio che vive nelle pagine di un libro…

Pasubio: Come hai detto scusa?

Autore: Siamo diventati permalosi, commissario Pasubio? Solo perché l’anno scorso mi sono dedicato a scrivere il mio primo romanzo storico e ho trascurato la stesura del sesto romanzo della serie che ti vede protagonista?

Pasubio: Tu puoi fare quello che vuoi, tu sei l’autore. Solo che un vecchio cittadino romano, vissuto duemila anni orsono, non mi sembra un personaggio così interessante da creare.

Marco: Come dici scusa? Per prima cosa non sono vecchio, nel libro che mi vede protagonista ho compiuto appena vent’anni!

Pasubio: Sì, però alla fine del romanzo…

Autore: Marco Claudio Acuto, anche tu?! Da quando i personaggi si mettono a discutere davanti all’autore? Ma siete degli ingrati!

Pasubio: È stato lui a iniziare.

Autore: Basta Pasubio! Proprio tu che sei un commissario di Polizia e dovresti dare il buon esempio.

Marco: I personaggi contemporanei non sono più guidati da quegli ideali che muovevano noi romani, la Majestas, la Virtus, la Gravitas e l’Humanitas che ci hanno accompagnato nella conquista del mondo. E si vede!

Autore: Marco, per piacere, finiamola. A proposito, perché siete venuti a farmi visita? Non rispondete? Non dite niente?

Pasubio: Io volevo capire le tue intenzioni. 

Autore: Quali intenzioni?

Pasubio: Avrei ancora tante indagini da portare a termine e poi sai bene che ho delle situazioni sentimentali in sospeso, se così possiamo dire…

Autore: E quindi?

Pasubio: Mi farebbe piacere verificarle e, grazie a te, capire se esiste una risposta al mio desiderio di trovare un’anima gemella con cui condividere la vita.

Autore: Grazie a me? Come faccio a farti capire una cosa del genere? Tu esisti solo nei libri.

Pasubio: Questo lo so. Ma grazie a te. Quindi sei tu che devi rivelare il mio destino, scrivendolo.

Autore: Aspetta un attimo, io cosa…

Marco: Beh, in questo il Gallo-padano ha ragione!

Pasubio: Gallo-padano a chi?

Marco: Perché, non sei un Gallo-padano? Ragioni come un Gallo-pad…

Autore: Marco, per favore! Perché avrebbe ragione Pasubio, vuoi dirmelo?

Marco: Carissime! Tu sei il nostro creatore. Ne consegue che tu sappia cosa è bene per noi.

Autore: Ah, è così? E se vi dicessi che quando compongo le vostre storie, voi mi prendete la mano e mi fate scrivere cose che io, sino all’attimo prima di metterle nero su bianco, non avevo in mente, cosa mi rispondete?

Pasubio: Ti dico che sei assolutamente normale. In ogni romanzo che hai scritto per me, mi sono reso conto che mi facevi compiere determinate azioni che ti avevo suggerito io stesso, ma questo è quello che avviene ogni volta che l’autore scrive dedicandosi anima e corpo alla storia che vuole raccontare. Ma proprio questa dedizione, figlia della tua passione per la scrittura, non elimina la responsabilità che tu hai nei nostri confronti. 

Marco: Ai miei tempi questa si chiamava captatio benevolentiae, mentre adesso si dice…

Pasubio: Cosa vuoi dire?

Autore: Pasubio, silenzio! Marco, per cortesia, riprendi il filo del tuo ragionamento. 

Marco: Tu rimani il nostro creatore e tu conosci meglio di chiunque altro quale potrebbe essere il nostro destino. Noi personaggi immaginari non siamo come i figli tuoi, costretti a vivere immersi nella realtà, noi siamo come Pinocchio nelle mani di Geppetto, e come Geppetto anche tu dovresti conoscere il futuro che ci attende.

Autore: Adesso ti stai confondendo. Guarda che anche Geppetto è un personaggio immaginario.

Marco: Ma dov’è il confine tra realtà e immaginazione? Dimmelo tu, autore. Non è forse Geppetto che dà vita a Pinocchio nel libro?

Pasubio: Ma come pretendi che questo antico romano possa conoscere Pinocchio e Geppetto… era ancora di là dall’essere creato quando papà Collodi scriveva di loro. Però su quest’ultimo punto ha ragione, caro il mio creatore. Tu il nostro futuro lo dovresti sapere e, se non lo conosci, almeno lo potresti scoprire, scrivendolo.

Cinò: Ha ragione Pasubio!

Autore: Cinò! Anche tu ti ci metti? Ma cosa avete questa sera? Tutti contro di me?

Cinò: Ma io non sono contro di te! Un personaggio immaginario non potrà mai avercela con il proprio creatore, non siamo mica esseri umani!

Autore: E quindi, cosa vuoi?

Cinò: Intervenire nel dibattito, che mi sembra interessante.

Autore: E quindi, cosa vuoi? Ti rifaccio la domanda.

Cinò: Vedi, io credo che tu debba trattarci un po’ più da adulti. Considerarci alla pari di voi autori. Non è forse vero che quando hai scritto di me, di Agostino, della dottoressa Sogol, avevi in mente una parte del tuo vissuto che aveva bisogno di essere ancora scandagliato nel profondo e che grazie a noi lo hai potuto ripensare, descrivere e rileggere? Per questo dico che ci siamo meritati il tuo rispetto e credo che tu debba riconoscere che scrivere di noi è stata una liberazione, al termine del lavoro ti sei sentito più leggero, non è vero?

Autore: Adesso abbiamo anche un Cinò psicologo! Comunque, potrebbe essere che tu abbia un poco di ragione. Ma come fai a sapere queste cose? 

Cinò: Proprio perché mi hai creato tu e il rapporto tra di noi è molto stretto. Però, se non me li rivelavi tu, scrivendoli nel libro, i tuoi pensieri li potevo solo intuire. 

Autore: Scusate, ma mi sto perdendo…

Pasubio: Certo che anche questo Cinò è un bel tipo! Tra lui e il romano hai creato proprio dei bei personaggi!

Marco: Guarda che io…

Autore: Marco, Pasubio! Per cortesia smettiamola che qui incomincia veramente a girarmi la testa. E tu Cinò, sono d’accordo con quello che hai detto, però ricorda sempre che io sono io e tu sei un personaggio frutto della mia fantasia.

Cinò: Certo. Non ho mai pensato di essere il tuo avatar. 

Antonio G.: Permesso? Scusate se mi intrometto. So di essere un personaggio minore, ma non potrei dire una parola anch’io? Sapete, noi personaggi minori, magari descritti fugacemente dal nostro autore in poche pagine di un libro o protagonisti di un racconto breve, avremmo il desiderio di assurgere a personaggi principali di un nuovo romanzo o magari di una serie di racconti, ché anche noi abbiamo il desiderio di raccontare la nostra visione del mondo. 

Autore: Antonio G.?

Antonio G.: Meno male che mi hai riconosciuto! Temevo che non avendomi voluto dare un cognome ti fossi dimenticato di me.

Autore: Intanto come posso dimenticarmi di te? Lo sai che uno scrittore non dimentica nessuna delle sue creature. 

Antonio G.: Speriamo… Però una cosa voglio chiedertela: perché non mi hai dato un cognome insieme al nome?

Autore: Per prima cosa, rammenta che non sei ancora stato pubblicato. E comunque non è vero che non ti ho dato un cognome. Il cognome l’ho puntato dopo la prima lettera. Tu sei nato Antonio G. Non ti piace?

Antonio G.: Cosa significa: che non essendo ancora stato pubblicato non esisto nella realtà letteraria, ma solo nella tua immaginazione? A questo punto potrei sperare di ricevere anch’io un cognome vero? E comunque, se vuoi proprio saperlo, avrei preferito da subito un cognome per intero, come tutti i personaggi che si rispettano della storia della letteratura.

Autore: Non è vero. Non tutti i personaggi hanno un nome e un cognome. Per esempio, il protagonista del ‘Castello’ di Kafka si chiama K. e basta. A te invece un nome per esteso è stato dato! E poi ricordati che sei un personaggio minore!

Antonio G.: Non esistono personaggi minori. Questo ricordatelo tu!

Coro: Ha ragione, ha ragione, ha ragione! 

Autore: E no, adesso per piacere state tutti zitti. Basta! Non è possibile che ognuno di voi, solo perché l’ho descritto in qualche pagina di un romanzo o in qualche racconto se ne venga fuori con queste rimostranze. Non si è mai visto un comportamento di questo genere!

Pasubio: Ma, veramente, ti rendi conto che sei tu l’autore di queste rimostranze? Sei tu che stai scrivendo adesso questo pezzo, in questo momento…

Autore: Pasubio, cosa intendi?

Pasubio: Sei tu che hai iniziato a scrivere questa sera, di queste cose…

Autore: No, guarda che sei stato proprio tu a iniziare…

Pasubio: Scusa, torna all’inizio e rileggi la prima riga… 

Autore: Va bene l’ho riletta, mi ero messo al computer e volevo scrivere una cosa, poi però mi sei comparso davanti tu e con ciò, cosa significa?

Pasubio: Nulla, significa che tu sei il nostro creatore e noi personaggi dipendiamo da te. Però tu, come ogni autore che si rispetti, consapevolmente o inconsapevolmente, ci lasci liberi di muoverci nella pagina che stai scrivendo e di questo te ne siamo grati, noi e i lettori. Ma solo tu hai in mano il nostro destino. Continua a frequentarci e scoprirai che, in fondo, da questa parte della realtà, quella immaginaria, non si sta poi così male. C’è posto per tutti, personaggi principali e personaggi minori e c’è posto anche per te. Noi ti aspettiamo qui. Ogni volta che lo vorrai ci troverai pronti per offrirti il meglio di noi stessi. Non ti deluderemo mai.

Autore: Mi hai quasi commosso, caro commissario, ma… cos’è questo suono intermittente, che da un po’ mi martella il timpano?

Pasubio: La tua sveglia, caro il mio autore.

Marco: Cos’è una sveglia?

Autore e Pasubio: Uno strumento di tortura.

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Intervista a...

Intervista a Cristiano Guarneri

Oggi ho il piacere di proporvi l’intervista all’amico scrittore Cristiano Guarneri che ho recentemente incontrato al Meeting di Rimini in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo. Fa sempre bene al cuore e alla mente leggere le parole di Cristiano. A voi l’intervista, buona lettura.

LQ.: Partiamo subito con una domanda sul tuo ultimo romanzo pubblicato, Marta fuori dal guscio, il terzo se non sbaglio. Letto in un fine settimana a Rimini, prima che ci vedessimo al Meeting, l’ho trovato molto coinvolgente, per la tematica trattata e per la fluidità della scrittura. Vuoi raccontare ai lettori, in due parole, a chi si rivolge il libro e soprattutto perché l’hai voluto scrivere?

CG.: È un libro per tutti. È una storia di “storie”, potremmo dire, con piani e filoni narrativi che si intrecciano con particolarità proprie, pur discendendo tutti da un unico macrocosmo, quello di una famiglia medio borghese, marito e moglie con lavoro, due figli. La vicenda è narrata dal 16enne Lorenzo, stretto tra la ricerca di una sua identità e la convivenza (mal sopportata) con una sorella che ha seri problemi comportamentali. Marta, 11 anni, è il cortocircuito della famiglia. È la persona su cui si concentrano – comprensibilmente – le attenzioni dei genitori: la vogliono “guarita” ma cadono, ogni volta, nell’evidenza che è impossibile. 

LQ.: Quali sono gli ingredienti necessari perché una storia meriti di essere raccontata?

CG.: Due soli ingredienti, per me: il realismo dei fatti, l’efficacia della scrittura. Nessuna vicenda è mai completamente inventata. Le storie contengono sempre tracce d’esistenza reale, persino quelle che riguardano il fantasy. Chi legge cerca sempre qualcosa che lo riguardi: un sentimento, un dramma, una sorpresa. L’efficacia della scrittura non è un estetismo. Trovarsi davanti a un baule di bambole o a un viso che piange è diverso che leggerli e basta. 

LQ.: Passiamo al tuo modo di essere scrittore, oltre che giornalista, che poi è la tua professione “ufficiale”. C’è differenza quando ti siedi alla scrivania per scrivere un articolo per il giornale o una pagina del tuo romanzo?

CG.: Per me non c’è differenza. Racconto quello che c’è, anche da scrittore. In me c’è una storia, ci sono personaggi a cui chiedo di uscire, a cui chiedo mostrare tutto di sé. Il giornalismo è la stessa cosa. Diceva Dino Buzzati, che ho riscoperto in occasione del cinquantesimo dalla morte: “Il vero mestiere dello scrittore coincide proprio con il mestiere del giornalismo, e consiste nel raccontare le cose nel modo più semplice possibile, più evidente possibile, più drammatico o addirittura poetico che sia possibile”. 

LQ.: Proviamo ad addentrarci un po’ di più nel mo(n)do “creativo” di uno scrittore, senza cercare di annoiare il lettore con domande troppo specifiche per addetti ai lavori. Ti chiedo: com’è il tuo rapporto con gli “aggettivi”? Jules Renard sosteneva che “cielo” è meglio di “cielo azzurro” prediligendo una scrittura che guarda all’essenziale e che non fa uso di aggettivi convenzionali, ormai divenuti dei luoghi comuni. Tu quando scrivi che tipo di scrittura prediligi? In altre parole, cos’è per te la scrittura?

CG.: Scrivere è mettere una luce in una stanza buia. Chi legge – se lo scrittore è tale – vede uno scorcio di realtà di cui non sapeva. Non ho pregiudizi verso gli aggettivi. Metterli solo quando serve è la più grande battaglia tra chi scrive e sé stesso. 

LQ.: Proseguiamo nel mondo dello scrittore: Oscar Wilde diceva che: “Il lavoro dello scrittore consiste al mattino nell’introdurre una virgola e al pomeriggio nel toglierla.” Ci puoi spiegare brevemente il tuo approccio alla stesura di un romanzo, che tecniche usi (se ne usi) e quale momento della giornata prediligi per scrivere.

CG.: Non ho un momento preciso, scrivo quando il lavoro e la famiglia me lo concedono. Non ho tecniche particolari, anzi ne ho una sola: non tradire mai la storia che mi nasce dentro. Non nasce tutta in una volta: va scoperta passo dopo passo, minuto dopo minuto. L’altra “tecnica” che mi piacerebbe usare di più si chiama: leggere. Leggere è la miglior scuola di scrittura al mondo. 

LQ.: Proviamo a riassumere quanto detto a proposito della scrittura: la pagina scritta ha una dimensione che non può coincidere con la vita vissuta, l’esperienza è una cosa e la pagina un’altra. Il problema, credo, consiste nel fatto che si tende a mescolare e a confondere queste due realtà diverse. Come vedi tu la questione? In ultima analisi: che rapporto c’è tra vita e letteratura?

CG.:Per me è esattamente il contrario. Si scrive perché si vive. E si scrive – anche involontariamente – quello che si vive, o ciò che ci ha commosso di quello che si vive. L’amore di mia moglie per i nostri figli mi commuove. Posso dargli vita in un’altra città, in un’altra casa, attraverso altri personaggi, ma racconterò sempre “quel” particolare amore, perché è quello che vivo, da “quello” sono stato “ferito”. Diceva Concetto Marchesi: “L’arte ha bisogno di uomini commossi, non di uomini riverenti”. La commozione è un sentimento che smuove. E che, anche involontariamente, attendo e cerco tutti i giorni. 

LQ.: Cambiamo argomento e passiamo ad una domanda al Cristiano Guarneri padre e quindi per forza di cose, educatore. Un vescovo gesuita del Cinquecento, Bartolomeo de Las Casas, diceva che il compito di ogni vera educazione è di liberarci da quella che abbiamo ricevuto da piccoli. Non diceva da quella cattiva, perché sarebbe ovvio; lui partiva dall’assioma che l’educazione ricevuta è comunque inadeguata, forse perché da piccoli non si hanno i mezzi critici per assimilarla e la si accetta acriticamente. La seconda parte dell’esistenza andrebbe dedicata a liberarci dai pregiudizi accumulati nella prima e dall’educazione fuorviante ricevuta dalla scuola e dalla società. Tu come ti poni di fronte ai tuoi figli e che tipo di padre cerchi di essere?

CG.: Leale. Racconto – a volte anche a parole – quello che mi fa vivere. O che mi addolora. Sono i gesti, gli sguardi che dicono chi è una persona. Ad esempio: ho sempre giocato molto con i miei figli quando erano piccoli e gioco moltissimo con l’ultimo che ha sei anni. La disponibilità al gioco dice di uno stato d’animo molto più che un discorso: la vita è bella! Da adulti quali adesso sono (parlo dei tre maggiori), quando è possibile faccio loro delle domande. A volte chiedo: sei felice? E se non lo sei, cosa possiamo fare? 

LQ.: Stiamo arrivando alla fine delle dieci domande “concesse”… Ora ti pongo una domandona: il ruolo dello scrittore nella società contemporanea. Qual è, quale dovrebbe essere, e tu che scrittore pensi di essere?

CG.: Mi infastidisce chi associa al nostro mestiere un ruolo salvifico. Lo scrittore fa il lavoro di “delivery”. Solo che al posto di una pizza consegna – potenzialmente – un pugno allo stomaco, un abbraccio, un salto di gioia, uno scatto di corsa. Raramente, tutto insieme in una volta sola. 

LQ.: Parlaci un po’ di te: oltre a scrivere (per lavoro e per diletto) cosa ti piace fare nel “tempo libero”, sempre che te ne rimanga!

CG.: Leggere. Purtroppo ho pochissimo tempo. Faccio il padre e il nonno a tempo pieno. E seguo un cammino cristiano senza il quale non sarei quello che sono, fatto di gesti, incontri, momenti di riflessione e preghiera. Nulla di quello che faccio fuori dalla lettura e dalla scrittura è perso. Ho imparato che ogni giorno è pieno di qualcosa, forse solo briciole, che si ammonticchia sul cuore e uscirà, sul foglio, al momento opportuno. 

LQ.: Ultima domanda, un pensiero ai giovani aspiranti scrittori. Hai qualche suggerimento da fornire a chi magari sente dentro di sé ardere il “sacro fuoco” e vorrebbe cimentarsi a scrivere un racconto o magari un romanzo?

CG.: Non ho consigli più interessanti di quelli che gli aspiranti avranno già letto in rete o su qualche libro. Posso solo dire: scrivete quello che vivete. Anche solo per un allenamento. Se e quando pubblicherete, vi accorgerete che avrete fatto la stessa cosa. 

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Lo scrittore artigiano

Parliamo ancora di marketing

Prima di raccontarvi, come promesso nel post precedente, il mio approccio al mondo del marketing relativo ai libri auto-pubblicati, voglio dedicare alcune riflessioni all’anno che sta per terminare.

Non parlerò di salute, di pandemia, non mi lamenterò delle libertà che non abbiamo avuto né di quello che avremmo potuto fare se…, del lavoro che non abbiamo avuto, ma…, non perché la salute, il lavoro e tutto il resto a cui abbiamo rinunciato non siano cose importanti, lo sono, ma perché i se e i ma sono scuse a cui ci aggrappiamo per nascondere la nostra accidia, il nostro comodo status quo, la nostra zona di comfort che questi mesi così difficili hanno involontariamente, forse anche inconsapevolmente, alimentato.   

Di questo 2021 per prima cosa ricorderò la nascita di questo sito Internet, che da diverso tempo avevo in animo di creare e che finalmente ha visto la luce. Sono molto soddisfatto di quello che sono riuscito a fare con le mie sole forze, tecnologicamente molto limitate! 

Secondo: la pubblicazione a maggio del mio quinto romanzo della serie del commissario Pasubio: I segreti di Nelide Arsotti. A questo libro tengo molto perché, chi lo ha letto lo sa, c’è un riferimento ad uno dei maestri di cui parlo anche nel blog: mio nonno Raffaele. E, non ultimo, la bellissima copertina acquarellata da mia figlia Michela!

Terzo e ultimo: la decisione di iniziare la stesura del mio primo romanzo storico, un’esperienza che mi sta arricchendo molto, ma che non immaginavo fosse così impegnativa… vedremo alla fine il risultato, magari già nel 2022!

Basta, fine dei punti esclamativi.

Come vedete, non ho chiesto risultati ambiziosi a questo 2021, ma tutto quello che sono riuscito a compiere in questi dodici mesi, anche se possono sembrare piccole cose, mi ha dato grandi soddisfazioni e di questo sono grato a Colui che mi ha concesso il tempo di realizzarle.

Ed ora vi racconto il mio approccio al marketing librario.

Passata l’euforia che sfiora ogni esordiente alla sua prima pubblicazione, che dura il tempo di rendersi conto che in quello stesso giorno, insieme al suo, sono stati pubblicati in Italia qualche centinaio di libri, mi sono reso conto che per forza occorre inventarsi qualcosa per farsi conoscere “Urbi et Orbi”.

La prima idea che mi è venuta in mente si basava su qualcosa che mi piaceva fare e che ho pensato potesse andare bene anche per promuovere i miei libri: un video promozionale, in gergo un book-trailer.

Da diversi anni sul mio canale YouTube  pubblico video promozionali sulle opere di artisti viventi e poco conosciuti, video artistici o a carattere sociale. Insomma, mi diverto a fare il regista di piccole produzioni che hanno sempre uno scopo culturale e insieme quello di elevare l’animo e la propria conoscenza personale. 

Ho quindi pensato nel corso degli anni di accompagnare l’uscita dei miei romanzi alla produzione di un video promozionale.

Qui di seguito potete visionare i risultati ottenuti:

Video abbinato all’uscita de: Il caso Falchi
Video abbinato all’uscita di: Omicidio alle Cinque Vie

Il video di Omicidio alle Cinque Vie in verità è stato ideato da una mia amica scrittrice, Silvia Molinari, che l’ha realizzato dopo aver letto il romanzo.

Video abbinato all’uscita de: I Segreti di Nelide Arsotti

In termini di visualizzazioni prodotte, come potete facilmente constatare voi stessi, i tre video non mi hanno assolutamente soddisfatto. In questi casi, quale processo psicoanalitico si instaura? Non è il book trailer che non funziona, ma sono i miei book trailer che non sono performanti per… mille ragioni!

E infatti, per promuove tutti e cinque i miei romanzi gialli durante questo periodo di feste, che cosa ho pensato di fare? Ho pensato di affidarmi ad un professionista, Simone Cattaneo, un giovane video-maker che devo dire ha saputo dare un’impostazione assolutamente diversa al video che mi ha realizzato.

Il risultato lo potete visionare qui: 

Non ci sono paragoni con quelli auto-prodotti, che ne dite? E la conferma è che in un mese il video è già stato visto 140 volte mentre, per esempio, quello relativo a Il caso Falchi è stato visionato 148 volte, ma è stato pubblicato nel 2016!

Oltre ai book-trailer, in questi anni ho pubblicizzato le mie creazioni anche attraverso i canali social, presentazioni presso biblioteche o circoli, omaggiando la biblioteca di Bollate di tutte le opere che nel corso degli anni vedevano la luce, spedendo a giornali locali o riviste il materiale sperando di ottenerne una recensione, regalando copie ad amici e parenti, sperando nel passaparola che è, comunque, un ottimo canale promozionale, tra l’altro assolutamente gratuito. 

Alla fine, quello di cui mi sono accorto dopo dieci anni di scrittura e sei romanzi pubblicati, è questo: la migliore pubblicità è quella che il libro si fa da solo. Voglio dire: prima bisogna investire nella qualità dello scritto e poi se il libro è valido, allora si auto promuove da solo.

Certo, se uno scrittore dispone di somme ingenti da spendere per promuove il proprio romanzo, questo avrà all’inizio uno sviluppo considerevole di copie vendute ma poi, se il libro è debole e le recensioni dei lettori non lo sostengono, il fuoco si spegne da solo e sarà inutile ogni forma di pubblicità ulteriore per far vendere copie.

Quello che mi ha sostenuto in tutti questi anni e che mi spinge ad un continuo impegno per migliorarmi sono state le positive recensioni, pubblicate su diversi siti, da parte di persone che non conosco, che hanno acquistato e letto i miei libri e a cui i libri letti sono piaciuti.

Credetemi, per uno scrittore, non c’è nulla che valga di più di un commento positivo alla sua creatura. Purché chiaramente sia un commento onesto e sincero.

Ma per quale motivo uno che non ci conosce e che paga il tuo libro dovrebbe lodarlo se non gli è piaciuto?

Però, attenzione, non voglio essere frainteso: ho ricevuto anche tante recensioni critiche o negative. Vanno accettate tutte, le belle e le brutte, anche perché da quelle negative, tolte quelle degli odiatori seriali che si riconoscono subito e vanno accantonate, se le leggiamo bene, c’è sempre qualcosa da cui imparare per migliorarsi in futuro.

Anche questa volta temo di non aver rispettato le sacre regole della scrittura di un post e mi sono dilungato. Amen. Tanto è l’ultimo post del 2021 e per un po’ mi dedicherò alla stesura del mio romanzo storico (primo obiettivo del 2022) quindi non penso di scrivere un altro post a breve. Questo potete leggerlo a rate!

Vi lascio con l’augurio di trascorrere questo tempo in buona compagnia di voi stessi e dei vostri affetti più cari. 

Per il pranzo di Capodanno posso suggerire un bianco fresco del commissario Pasubio!

E di questa ultima idea di marketing cosa ne pensate?

Per non far torto a nessuno, ringrazio l’amico e scrittore Giuseppe Carfagno che me l’ha suggerita!

Age quod agis. 

Quello che fai, fallo bene

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Lo scrittore artigiano

Parliamo di Marketing

Una delle cose importanti di cui si deve occupare uno scrittore che autopubblica i propri romanzi è il marketing (nel mio caso la promozione a scopo di vendita dei libri pubblicati). Dico subito che purtroppo è un mondo, quello del marketing, pieno zeppo di anglicismi, anche se esistono le corrispondenti parole di lingua italiana e quindi anch’io in questo post sarò costretto in parte ad utilizzarli, con un certo dispiacere.

Oggigiorno non si contano sia i corsi, gratuiti o a pagamento, on-line o in aula, che ti insegnano le regole basi del marketing sia le società di consulenza editoriale che, a partire da qualche centinaio di euro in su, si propongono per la gestione della promozione dei tuoi romanzi.

Personalmente, sino ad ora, dopo essermi documentato su manuali e aver seguito diversi corsi on-line e in aula, ho sempre scelto la via “autarchica” e ho gestito in proprio anche questo lavoro che non è affatto da sottovalutare perché, come diceva un vecchio saggio:

bisogna saper fare, fare e far sapere.

Tutti e tre i passaggi sono fondamentali, e valgono per qualsiasi aspetto della vita: sia che si scelga un nuovo lavoro, che ci si metta in testa di scrivere un libro, che si voglia cambiare vita!

Ma torniamo in argomento: sarebbe facile pensare che il marketing per un autore pubblicato da casa editrice dovrebbe essere a carico di quest’ultima, ma non è così, credetemi. La promozione di un libro riguarda ogni autore.

A parte forse le prime 10 case editrici italiane, tutte le altre (circa 1.800 quelle attive nel 2020) non hanno i mezzi economici per supportare lo scrittore nella promozione del proprio libro e quindi di fatto è lo stesso autore che si deve ingegnare a far circolare il volume appena faticosamente dato alla luce.

Tenete conto che, come scritto nell’ultima relazione sullo stato dell’editoria in Italia, reperibile sul sito dell’ AIE – Associazione Italiana Editori, nel 2020 complessivamente, le novità pubblicate sono state 73.675:  vale a dire 201,8 nuovi libri pubblicati ogni giorno, sabato e domenica compresi. E in questo numero non è calcolato il libro che ho auto-pubblicato nel 2020, in quanto non passa dal canale “editoria tradizionale”. 

Quasi sempre, sentirete parlare del libro come di un “prodotto” e quindi ne consegue che, come tale, valgono anche per lui le regole comuni del marketing. Sono d’accordo in parte.

Il libro è un prodotto perché è fatto di carta, colla e inchiostro e questi sono assolutamente componenti fisici e chimici che si riscontrano in altri prodotti dell’industria, non c’è dubbio.

Ma il libro porta con sé anche qualcosa d’altro: idee, pensieri, sentimenti, odori, profumi, crea attese, speranze, illusioni, apre i cuori, può dilatarli fino a far sembrare di poter toccare l’infinito con un dito o può costringere il respiro e tenerlo sospeso sino allo spasimo… insomma, avete capito, tutti questi componenti “immateriali” difficilmente si trovano riuniti insieme in un altro prodotto industriale. 

Quindi possiamo dire che il libro è un prodotto unico, creato dall’essere umano al culmine della propria capacità tecnico-creativa, avvenuta quando il primo scrittore ha inciso su una tavoletta di creta o su un papiro, o su una roccia, il suo primo racconto, magari per suo figlio, o per suo nipote, o semplicemente perché voleva farlo leggere a qualcuno dopo di lui.

Come si fa il marketing di un prodotto così complesso?  

Beh, per prima cosa le sacre regole ti dicono che oggi lo scrittore deve per forza avere un sito internet, una vetrina dove mettere in mostra i prodotti (libri).

Poi viene la comunicazione, sempre importante quando si parla di marketing: dal tuo sito devi con frequenza stabile inviare newsletter ai tuoi followers (scrivere qualcosa a chi ti ha lasciato il proprio indirizzo mail, previa accettazione del consenso privacy). Questo farebbe sentire i possibili acquirenti dei tuoi libri coccolati, legati a te da un flusso costante di comunicazione e quindi propensi, in teoria, ad acquistare le tue pubblicazioni presenti e future.

Quindi bisogna inseguire il mare magnum dei social: è impossibile oggi fare marketing senza frequentare i più seguiti canali social e quindi ciò che pubblichi sul tuo sito lo devi linkare (trasferire) sui social che hai deciso di frequentare.

Oltre alle newsletter ci sono i messaggi video, le video interviste, le dirette streaming (via Internet) a fiere, incontri e convegni che potresti/dovresti frequentare per cercare di parlare della tua ultima pubblicazione.

Ultimi nati: i canali blog digitali che parlano di libri, molto seguiti dai giovanissimi che producono recensioni a ritmo serrato. In questo caso però il risultato dipende molto dal genere di libro che hai scritto.

Infine, ci sono i canali tradizionali: la “vecchia” carta stampata, locale o meglio ancora nazionale, sulla quale potresti farti fare una recensione all’ultimo nato e la televisione, locale e nazionale. 

Il passaggio di un libro in TV ha senz’altro il vantaggio che in pochi minuti viene visto da centinaia di migliaia di persone e facendo un banale calcolo, il tasso di redemption (le vendite in percentuale rispetto a quanti hanno visto l’intervista) è sicuramente tra i più vantaggiosi rispetto a tutti gli altri canali sopra descritti.

Non vado oltre, ma è chiaro che non c’è limite alla fantasia e al marketing e qualsiasi cosa può diventare fonte di marketing di un libro. Anche l’etichetta di una bottiglia di vino. 

Ma basta tutto questo per fare il successo di un prodotto come quello di cui stiamo parlando?

Quando possiamo dire che un libro ha avuto successo?

A questa domanda non do la mia risposta, perché mi sono accorto di aver violato due delle prime regole di marketing relative alla scrittura di un post: la brevità e la sinteticità.

Ma, forse lo avete intuito, seguo il marketing a modo mio e credo che questo post sia della lunghezza giusta, tenuto conto di quello che volevo raccontarvi.

Fatemi sapere cosa ne pensate. La prossima volta vi racconto le tecniche di promozione che ho pensato, sviluppato e realizzato sino ad ora per i miei libri.

Age quod agis. 

Quel che fai, fallo bene.